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EDOARDO FREDDI INTERVISTATO DA AFFARI ITALIANI

In questa intervista Edoardo Freddi parla dei vini maggiormente richiesti all’estero, dei mercati emergenti e delle sfide lanciate dal conflitto tra Russia e Ucraina.

Nell’intervista di Giordano Brega a Edoardo Freddi per Affari Italiani vengono affrontati temi caldi e attuali, come il conflitto tra Russia e Ucraina, gli effetti della guerra sul mondo del vino; ma si toccano anche argomenti più leggeri e curiosi, come: quali sono i vini più richiesti in questo momento, quelli in maggiore crescita, i mercati emergenti e quelli in cui è più difficile entrare.

Di seguito, l’intervista completa.

La sua azienda opera in 90 Paesi del mondo. Quali sono i mercati dove i vini italiani sono più forti e quelli emergenti più interessanti?

Stati Uniti e Canada fanno indubbiamente da apri pista; sono mercati in cui c’è una domanda importante di vini italiani. Tra uno Stato e l’altro le preferenze possono essere molto diverse tra loro: in Florida, ad esempio, sono inclini al consumo di vini dolci e Moscato, che nella versione aromatizzata sono fra i prodotti più venduti negli Usa; mentre negli Stati più a nord, come Oregon, Washington e New York, sono richiesti vini più intellettuali come possono essere gli orange wines, ovvero i vini bianchi iper-macerati. Lo stesso fenomeno, in tema di preferenze di consumo, si verifica anche in Canada, dove tra un monopolio e un altro ci possono essere differenze abissali. In Europa, gli stati dove i vini italiani sono molto apprezzati sono Germania, Svizzera e UK; mercati tradizionali, in cui però la domanda di vino è in costante crescita. Per quanto riguarda i mercati emergenti più interessanti, troviamo sicuramente quelli asiatici come Sud Corea e Cina; Paesi che non devono essere consi¬derati assolutamente come un unico mondo uniforme. Se la Corea del Sud è un tipo di mercato che sempre più si avvicina a quelli tradizionali, per la Cina il discorso è diverso. Non basta una semplice riunione, spesso sono necessari moltissimi brainstorming e al-trettanti studi. Occorre avvicinarsi sempre più a quello che è il ‘sentire’ di una nazione e quindi dei suoi clien¬ti. Rimanendo in Asia, un altro Stato dalle grandissime potenzialità e su cui concentrarsi è l’India. Questa al momento, però, è orientata più sul prezzo: richiede principalmente prodotti a prezzo contenuto e distillati. Altri mercati emergenti da tenere bene in considerazione sono Angola e Nigeria.

Quanto hanno pagato il “dazio” del covid prima e della guerra in Ucraina ora i vini italiani? E su cosa bisognerà lavorare per superare le difficoltà da qui ai prossimi mesi?

Sebbene il 2021 sia stato un anno da record per le esportazioni di vino, più di 7 miliardi di euro di valore generato, all’inizio l’avvento del Covid ha influito notevolmente sul mondo del vino. Si è fatta sentire la battuta d’arresto del canale Ho.Re.Ca., soprattutto per quelle cantine il cui business era focalizzato sul canale On Trade. Le esportazioni verso molti Paesi si sono fermate completamente, mentre in altri sono continuate anche se con volumi ridotti; sempre in una fase iniziale. Successivamente, il settore è ripartito gradualmente e a fine bilancio 2020 sono emerse le ottime perfomance del canale Off Trade e il boom di e-commerce. Il 2021, come anticipato, è stato un anno da record ma poi a febbraio 2022 è scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina. In termini di export e scambi commerciali, all’inizio del conflitto la situazione era veramente tesa: lunghissime code di camion alla dogana, importazioni bloccate, merce non ritirata, crollo del rublo. Sebbene ora qualcosa sia leggermente cambiato, la situazione è ancora critica dato che il sistema finanziario russo, indebolito anche dalle sanzioni impartite dall’UE, non permette alle cantine di avere delle coperture assicurative sui pagamenti della merce, di conseguenza le aziende italiane preferiscono non rischiare e decidono di non inviare merce; e perché, molte aziende non sono più in grado di reperire materiali fondamentali dall’Ucraina, come vetro e capsule. Qualche piccola opportunità per le nuove aziende o per quelle più inclini al rischio si sta, comunque, presentando dato che il consumo locale di vino sia in Russia che in Ucraina sta gradualmente ripartendo. Per fronteggiare questa crisi, le aziende vinicole dovranno focalizzare le loro esportazioni verso nuovi mercati, potenziare le vendite in quelli già presidiati; cercare, insomma, di cambiare modello commerciale e diversificare le vendite il più possibile. Un altro aspetto fondamentale su cui le cantine possono puntare per fronteggiare la crisi è l’innovazione, sia in termini di strategia che di packaging e di offerta.

Al di là della guerra, ci sono Paesi in cui i vini italiani fanno più fatica a “entrare”?

Sì, gli Stati Africani e il Brasile sono mercati in cui è molto difficile entrare e proporre i vini delle cantine italiane. Questo è dovuto principalmente alla legislazione locale che impone un lungo e complesso iter burocratico e un grande investimento economico, che non sempre è sostenibile da parte delle realtà vinicole italiane.

Quali sono i vini italiani più richiesti in questo momento?

Indubbiamente i vini toscani, quindi denominazione come Brunello e Chianti, e il Barolo; considerati i re delle bottiglie premium. Ottime anche le performance del Prosecco e dei vini della Valpolicella. Queste denominazioni, insieme, rappresentano più del 50% dell’ammontare complessivo delle esportazioni vitivinicole.

E quali quelli che stanno crescendo di più sui mercati mondiali?

I vini dell’Etna in questo momento stanno iniziando ad affermarsi sempre più a livello mondiale, a tal punto da essere definiti come il Barbaresco del Sud Italia. Buone anche le performance dei vini pugliesi come Primitivo di Manduria e Appassimento, ossia vini rossi di grande corpo e ampiezza, che hanno conquistato i mercati asiatici (Vietnam, Corea e Cina) subito dopo quelli Europei. In costante crescita anche le vendite di Negroamaro all’estero. Infine, non sono assolutamente da sottovalutare i vini naturali e orange, considerati i vini del futuro, che stanno conquistando i Paesi del Nord Europa, Stati Uniti e Canada.

Nella seconda parte dell’anno quali sono le prospettive del mercato vinicolo italiano nel mondo?

La situazione generale è ancora poco chiara, fra aumenti dei costi delle materie prime e reperibilità delle stesse. Ad oggi il costo di produzione di alcune è ai limiti di tolleranza per le categorie di settore: è chiaro che il costo di produzione della sua bottiglia non può raddoppiare. Parimenti sono aumentati i costi di cartoni (+50% circa) e bancali per i trasporti (dal + 100% al 200%).  Quanto ai trasporti, non c’è ancora un flusso regolare: ad esempio negli Stati Uniti si avanzano ipotesi di una significativa perdita di quota vino. Si stima un -18% di esportazione verso gli USA su base annua al 31 dicembre 2022 (cioè dopo la vendemmia 2022) eccetto i cosiddetti vini di lusso. La problematica trasporto non sta agevolando nessuno, i tempi di consegna sono diventati poco compatibili con le necessità del settore. Si stimano ritardi medi di almeno 60 giorni nella consegna dei container al destinatario finale; tale ritardo potrebbe danneggiare irreversibilmente le bottiglie spedite dall’Italia.

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