Sebbene la qualità degli spumanti italiani sia in costante miglioramento, questi vini stanno vivendo un paradosso notevole.
“Protagoniste nei brindisi delle feste di tutto il mondo, le bollicine italiane, da qualche anno sono la locomotiva della crescita delle esportazioni italiane. E, a fine 2021, secondo le stime dell’Osservatorio Unione Italiana Vini (Uiv) – Ismea, il valore alla produzione supererà 2,4 miliardi di euro, per una tipologia di vino che vale ormai quasi il 25% dell’export enoico italiano”.
L’attore principale di questo trend è indubbiamente il Prosecco, anche se negli ultimi anni stanno prendendo spazio sui mercati internazionali anche denominazioni come Asti, Franciacorta, Trento Doc e Oltrepò Pavese. In forte crescita ci sono, inoltre, tante declinazioni da vitigni autoctoni in diversi territori in cui la spumantistica è ancora qualcosa di nicchia.
Nonostante questi trend davvero positivi e la crescente qualità degli spumanti, questi vini stanno vivendo un paradosso notevole in questo momento, come suggerisce Eric Guido (che segue l’Italia per Vinous by Antonio Galloni). Le bollicine tricolori, infatti, hanno davanti a sé due sfide importanti.
“La prima riguarda soprattutto i Metodo Classico come Franciacorta, Trento Doc e Alta Langa, sempre più spesso percepiti come alternativa allo Champagne, che però si difende con una crescita della qualità dei Non Vintage a prezzi accessibili, che rischiano in qualche modo di mandare fuori mercato le bollicine italiane, visto l’allure intramontabile della spumantistica francese. L’altra riguarda soprattutto il Prosecco, ancora percepito come una categoria e come un prodotto di massa, più che come espressione di tante aziende e con una qualità in grandissima crescita”.
L’attuale paradosso delle bollicine italiane in qualche modo riflette anche la situazione complessiva del vino italiano: tantissima varietà, qualità elevatissima ma che spesso non viene comunicata e fatta conoscere adeguatamente.
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